martedì 8 luglio 2014

Mazzola ricorda di Stefano

Tratto da una intervista di Sandro Mazzola del 16 marzo 2014:


Il gol più bello? “Ce ne sono tanti: la doppietta contro il Real a Vienna, ma soprattutto quello a Berna con la nazionale. Quando andavamo all’estero i tifosi avversari ci fischiavano, mentre gli immigrati italiani vivevano l’incontro con gioia ma soprattutto la nostra eventuale vittoria era simbolo di riscatto. A Berna quel giorno passammo in svantaggio. Potete immaginare i nostri tifosi. Poi ad una manciata di secondi dalla fine arriva una palla, si sviluppa un’azione magistrale, faccio due o tre palleggi, entro in area tiro e segno. I nostri esplodono in una gioia indimenticabile”.

Il calcio non è solo calcio, è cultura, è costume, è inseparabile presenza nella vita quotidiana. Pensate che gli indici delle borse nazionali risentono dei risultati sportivi, salgono e scendono in relazione a vittorie e sconfitte.

Dicevi di Vienna della finale con il Real … “Sì, era il 1964 e il mio mito era Di Stefano. Prima di “salire” in campo dal sottopasso del Prater, (lo stadio di Vienna ndr), le squadre erano in fila ed io fissavo con ammirazione Di Stefano. Suarez mi prende e dice: “Ehi, sei venuto per giocare la finale o per vedere come è fatto Di Stefano? Vincemmo 3 a 1, con una mia doppietta, meraviglioso! Alla fine della partita cerco Di Stefano per chiedergli la maglia, mi viene incontro Puskas, il mitico campione ungherese: dammi la maglia, tu sarai un campione, mi disse. Conservo ancora oggi quella di Puskas, ma ahimè mi manca quella di Di Stefano. Facchetti, Picchi, Burnich, Corso, Suarez … Amici e persone fantastiche. Ho trascorso con loro molti i momenti più belli della mia vita. Helenio Herrera? Allenatore metodico persino maniacale, soprattutto per la disciplina e le ferree regole durante i ritiri. Un giorno io, Burnich e Picchi “scappiamo dal ritiro”: erano le 7 del mattino: destinazione la chiesa ad un passo dal ritiro dove volevamo assistere alla messa. Ad un certo punto, dietro ad una colonna della chiesa, compare il mago. Mi difendo affermando che senza la messa gioco male e concordano Picchi, Burnich e Facchetti. Il mago si convince: la fuga dai ritiri non è per festini e per trovare ragazze disponibili. Il mago capisce e da allora la messa è celebrata ogni sabato prima della partita. Ricordi quando eravamo a 7 punti dal Milan? Ebbene, la squadra aveva vissuto un risveglio spirituale, partecipavamo alla messa, ci si confessava, eravamo coinvolti in opere di solidarietà … vincemmo il campionato all’ultima giornata”.
 


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