Data decisiva, domenica
10 noviembre 1963, all’Olimpico di Roma l’Italia debe ribaltare
lo 0-2 subito nell’andata di Mosca (13 ottobre) negli ottavi
di finale degli Europei di calcio dall’Unione Sovietica campione in
carica. Questa la formazione che scende in campo: Sarti,
Burgnich, Facchetti, Guarneri, Salvadore, Trapattoni, Domenghini,
Bulgarelli, Mazzola, Rivera, Menichelli. In svantaggio per un gol di
Gusarov al 32’, le speranze azzurre svaniscono definitivamente
quando, a mezz’ora dalla fine, il giovane
Sandro Mazzola
(21 anni compiuti l’8 novembre) si fa parare un rigore dal
leggendario portiere sovietico Lev Yashin: «Ero tranquillo quando
Fabbri ha indicato che toccava a me. Ho agguantato la palla, ho
voluto fintare, ma Yashin, che è un vero campione, non ha abboccato.
Inizialmente volevo indirizzare la palla alla destra del portiere
sovietico, poi mi sono accorto che un suo compagno gli aveva
suggerito la direzione giusta, ho preferito cambiare, ma il colpo mi
è riuscito solo in parte. Appena colpita la palla – troppo bassa
rispetto alle mie abitudini – mi sono accorto che Yashin si
raggomitolava trattenendola. Ho sbagliato tutto». La sfida finisce
1-1, pareggio segnato all’89’ da un altro giovanissimo, il
ventenne Gianni Rivera.
Immaginate
la figura di un portiere alto 1.89 ,vestito completamente di
nero. Lev
Yashin,
il cui nome in russo vuol dire "Leone",
è più conosciuto come "Il
ragno nero",
proprio per la sua divisa, buia come la notte.
E’
praticamente imbattibile (nella
sua carriera parerà 150 rigori) è dotato di riflessi straordinari e
le sue lunghe leve - che sembrano otto, come i ragni -
confondono chi si appresta a tirare in porta. E’
un portiere moderno:
guida la difesa dispensando consigli ai compagni fino a perdere la
voce. In
326 incontri rimane imbattuto 211 volte. Numeri che gli valgono 5
campionati sovietici e tre Coppe di lega.
Ricorda
ancora Mazzola: “Yashin era un gigante nero: lo guardai cercando di
capire dove si sarebbe tuffato e solo tempo dopo mi resi conto che
doveva avermi ipnotizzato. Quando presi la rincorsa vidi che si
buttava a destra: potevo tirare dall’altra parte, non ci riuscii.
Quel giorno il mio tiro andò dove voleva Yashin”.
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