giovedì 9 aprile 2015

La Storia Di Bela Guttmann


Bela Guttmann era di origini ebraiche, come faceva chiaramente intendere il suo nome, ed aveva chiare tradizioni magiare. La sua vita era in perfetto stile ungherese. Unite tutto questo, ed il risultato sarà: Béla Guttmann.
Nasce a Budapest, il 27 Gennaio del 1899, come fosse un regalo per il passaggio di secolo; i genitori, Abraham ed Eszter, erano entrambi dei ballerini ed iniziarono il figlio alla stessa pratica. A sedici anni questi possedeva già la qualifica di istruttore di danza classica, ma ovviamente, la sua era una "passione forzata", Béla voleva giocare a calcio, che nel periodo della sua giovinezza, stava iniziando ad avere seguito nell'impero Austro-ungarico. 
Dopo aver intrapreso la carriera sportiva in Ungheria si spostò in Austria, nella capitale Vienna. La città era ricca di fermenti culturali ed il calcio era un argomento di cui gli intellettuali discutevano nei caffè; lo stesso Guttmann ricordò con nostalgia la parentesi trascorsa nel centro Mitteleuropeo, dove tra l'altro, si laurea in psicologia.
La vita di Guttmann fu condizionata, nella prima fase della sua vita, ovvero sia quella da calciatore, dalle persecuzioni naziste sugli ebrei. Lui era un ottimo centrocampista, uno di quelli che pensava calcio ad una velocità diversa dalla norma, poteva essere un giocatore ambito da chiunque. Iniziò nel Torekves, passò all'MTK (una delle squadre più importanti dell'epoca) per poi trasferirsi all'Hakoah Vienna. Qui gioca per cinque anni, e più passava il tempo, più in Europa l'aria diventava "ostile" per gli ebrei, per motivi che tutti sappiamo.
Nel 1926, in seguito ad una tourneè negli Usa della sua squadra, decise di non far più ritorno in Europa. Giocò a calcio, in squadre praticamente costituite da europei emigrati; spacciò alcool durante il proibizionismo, e speculò in borsa. Il crollo di  Wall Street gli fece perdere 55mila dollari. Questo avvenimento lo segnò profondamente, perchè mentre veniva considerato, pre-crollo una mente ingegnosa, post-crollo gli amici iniziarono ad apostrofarlo come “poveraccio”. Non si diede mai pace per questo, Béla non amava fallire, fu per questo che, in futuro, si sarebbe fatto pagare lautamente le sue prestazioni da allenatore, per dimostrare che lui è il migliore e che i migliori vanno sempre rispettati. Come già detto, Béla era un tipo instabile; giocò solo quattro partite con la nazionale ungherese, perché durante una serie di incontri nel 1924, disse che nel gruppo c’erano più dirigenti che giocatori, e che l’albergo dove erano stati fatti alloggiare era più adatto a “socializzare” che non alla preparazione. Così attaccò per la coda dei topi alle porte delle stanze dei dirigenti accompagnatori: con la nazionale aveva chiuso per sempre.  Quella nazionale non poteva perdere, quanto meno doveva giocarsela con l'Uruguay; oltre Béla, centromediano metodista c'era Arpad Weisz numero 10 classico. A quel tempo però, l'Ungheria è sotto il controllo di Horti, un nazionalista con velleità antisemite, che, infiltra la squadra di suoi uomini, dirigenti. I calciatori vengono trattati come bestie, e da lì, nasce la protesta di Béla, il "Grande Ammutinamento del 1924", dove la grande Ungheria si fece battere, dal modesto Egitto.
Tornare a Budapest, era complicato, per tutti, e infatti Guttmann, chiuse con la nazionale, chiuse con il Torekves di Guttmann e Weisz e se ne andò via, per non subire la repressione dei nazionalisti. Intanto Guttman resta fino al '33 fuori dall'Europa, ed una volta rientrato ringrazia Dio per aver trovato rifugio in Svizzera. Inizia così in gran segreto la sua carriera da allenatore, tornando all'Hakoah. Fin da subito Béla dimostrò di essere un allenatore controverso, a causa della sua spiccata personalità e dei tempestosi rapporti con stampa e dirigenti, ma i calciatori percepivano fin da subito di avere davanti a se un genio, uno che rompeva gli schemi logici del calcio, e ne vedeva altri, invisibili ai più. Ha allenato in tutto il mondo: Ungheria, Austria, Olanda, Brasile, Uruguay, Italia, Cipro, Romania, Argentina, Svizzera, Grecia, Portogallo. Lanciò giocatori come Eusebio, Puskas, Cesare Maldini, Lorenzo Buffon, tutti calciatori scoperti da lui. Fu anche innovatore in terra brasiliana con il 4-2-4 (rivisitazione del modulo WM) al Santos, modulo che avrebbe consentito al Brasile di vincere tre Mondiali tra il ’58 ed il ’70 (e in molti, all’epoca, giurarono di aver rivisto in quel Brasile la grande Ungheria di qualche anno addietro…). Aveva metodi d’allenamento innovativi, amava il calcio offensivo e fu tra i primi a dare grande importanza al rigore tattico. «Non mi sono mai preoccupato di sapere se gli avversari avessero segnato, perché ho sempre pensato che noi avremmo potuto segnare ancora – diceva – chi domina gli animali, nella cui gabbia conduce il proprio spettacolo, finché li tratta con fiducia in sé e senza paura. Ma nel momento in cui diventa incerto della sua energia ipnotica, ed i primi segni di timore appaiono nei suoi occhi, è perso»
La sua filosofia era chiaramente offensiva, voleva che si attaccasse con lanci lunghi a servire le punte, che lo stopper si alzasse in linea con i centro mediani per condurre gioco, sempre palla a terra, ma soprattutto chiedeva ai suoi grande aggressività e voglia di vincere in campo, uniti per un comune obbiettivo. Abbiamo già detto che era un tipo molto carismatico, e che questo lo portava a scontrarsi. Fu proprio in seguito ad un litigio con Puskas, reo di non togliere fuori tutto il suo talento, che abbandonò la guida dell'Honved nel ’49, e quando nel 1955 fu esonerato dal Milan dichiarò alla stampa: «Sono stato licenziato anche se non sono né un criminale né un omosessuale. Addio».
Molte sono le vicende strane, talvolta oscure, ma di fatto leggende, che lo vedono protagonista di accuse di doping, di occultismo, di attività economiche illecite sugli acquisti dei calciatori, ma appunto, di leggende si trattano. Di fatto il suo modo di pensare calcio lo porta al Benfica, e forse, in questo caso, i Lusitani tifosi del Benfica, alla storia dell'occultismo, ci credono per davvero. Con le aquile” portoghesi Guttmann avrebbe vinto 2 campionati e 2 Coppe dei Campioni di fila, dominando la scena calcistica mondiale con un 4-2-4 che dava spettacolo: calcio tecnico, offensivo, difensori rocciosi e pronti al pressing sull'uomo, rilanci precisi del centrometodista, ma soprattuto una delle scoperte più importanti del calcio: Eusebio.
La leggenda narra che questi, di ritorno da una tournée nelle colonie portoghesi in Africa, aveva interrotto uno dei rari momenti di relax di Guttmann irrompendo nel negozio di un barbiere, dove si trovava il suo vecchio allenatore in attesa di una bella sfoltita di capelli. Lì Guttmann scopre un particolare....Il diciottenne Eusébio giocava per un club affiliato allo Sporting, l’acerrimo rivale delle “Aquile”. È toccato quindi a Guttmann escogitare un piano per soffiarlo ai nemici di sempre. 20.000 dollari versati alla madre della “Pantera Nera”
Un’auto all’aeroporto di Lisbona vicino alla pista di atterraggio per prelevare il giocatore prima degli emissari dello Sporting, in attesa fuori dal terminal. Qualche giorno in un villaggio di pescatori nell’arcipelago dell’Algarve per aiutare Eusébio a riflettere sul contratto propostogli dal Benfica. Una settimana dopo il successo contro il Barcellona in Coppa dei Campioni al “Wankdorf” di Berna, il fenomeno del Mozambico vestiva per la prima volta la maglia rossa del Benfica fresco Campione d’Europa.
Intanto però iniziano i primi attriti con la dirigenza. Guttmann vuole un amento di quattromila dollari: richiesta respinta, ma intanto porta la squadra nuovamente in finale contro il Real Madrid. Béla è scuro in volto, ma riesce a vincere per 5-3 la finale. Dovrebbe essere festa grande in quel di Amsterdam, ma fu la finale delle lacrime di Eusebio e compagni. Guttmann annuncia alla squadra le dimissioni.
Béla Guttmann è sempre stato uno dalla teoria del tutto scorre: non più di due anni nella stessa squadra, ma con il Benfica era venuta a crearsi un'empatia forte, che non avrebbe mai voluto spezzare. Non fu tanto per i soldi (ricordate Wall Street), ma per l'offesa di non essere stato trattato come il migliore. «Dalla vittoria della Coppa Campioni ho guadagnato 4.000 dollari in meno rispetto a quella del campionato, e nessuno ha voluto muovere un dito per cambiare le cose». Se ne andò, lasciando una maledizione che quasi da forza alla tesi dell'occultismo: <<Senza di me, il Benfica non vincerà più una finale Europea>>
Otto finali, altrettante sconfitte, la maledizione di Guttmann ha segnato in pieno di destino del Benfica. Un mancato aumento ha macchiato l'amore tra il Benfica e Guttmann, che comunque resta saldo nel cuore dei tifosi. 
Béla Guttmann è stato un genio, instabile, rivoluzionario e sempre contro le regole. Tanti sono gli aneddoti su di lui che varrebbe la pena ascoltare, perchè di fatto quest'uomo è stato e sempre sarà un'icona di questo sport.
Se andate a Budapest, cercate un "Borozo", anzi Il Borozo. Sarebbe un Wine Bar; precisamente cercate il 6:3 (chiamato così per la vittoria storica contro l'Inghilterra nel 1953). I baristi parlano bene inglese, meno le persone che lo frequentano da sempre. Insieme ad un buon bicchiere di Tokaj, chiedete loro la storia del grande ammutinamento del '24, chiedete del Torekves, chiedete di Weisz, chiedete di aneddoti irreperibili, ma soprattutto, chiedete di Béla Guttmann.
Champions League/Copa de Europa
- 1962/63: contra el Milán.
- 1964/65: contra el Inter de Milán.
- 1967-68: contra el Manchester United.
- 1987/88: contra el PSV Eindhoven
- 1989/90: contra el Milán.
Europa League /Copa de la UEFA
- 1982/83: contra el Anderlecht
- 2012/13: contra el Chelsea
- 2013/2014: contra el Sevilla.

 

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