giovedì 9 aprile 2015

Luisito Suarez, Il Dieci Della Grande Inter



Quando l'inviato dell'Inter, rivelò che il motivo della sua visita era l'acquisto di Luis Suarez per conto di Angelo Moratti, Mirò, il Presidente del Barcellona si alzò da dietro la scrivania di mogano lucido con alle spalle la bandiera blaugrana e lo congedò pronunciando una frase destinata a diventare famosa: "No hay dinero para buscar a Suarez !".
"El dinero" Angelo Moratti lo trovò, in misura perfino imbarazzante per lo stesso Barcellona che non avrebbe mai osato pensare ad una cifra simile: 300 milioni di lire dell'epoca, siamo nel 1960, una follia.
Per avere un'idea basta pensare che cinque anni prima la Juventus aveva pagato Omar Sivori 110 milioni ed il River Plate, con quei soldi "italiani", non solo aveva ripianato una pesante situazione debitoria, ma aveva anche finito di costruire l' "Estadio Monumental".
Fu così che Luis Suarez Miramontes, la migliore mezz'ala che la Spagna abbia mai avuto, e che quarant'anni dopo sarebbe stato eletto "miglior giocatore spagnolo di sempre" passò alla corte dell'ambiziosa Inter di Helenio Herrera e di Angelo Moratti. Luis Suarez era già allora, a soli venticinque anni, un grande.
Nato a La Coruna, in Galizia, doveva a questo il fatto che compagni ed avversari lo chiamassero "el gallego", il galiziano. Arrivato giovanissimo nel Barcellona allenato da Helenio Herrera, già Mago, vince per due volte consecutive la Liga (1958-59 e 1959-60), conquista due volte la Coppa di Spagna (1957 e 1959), due volte la Coppa delle Fiere (1956-58 e 1959-60) e sfiora la vittoria nella Coppa Campioni dopo aver eliminato il Real Madrid di Puskas e Di Stefano nel 1961. 
L'anno prima, nel 1960, ha vinto il Pallone d'Oro imponendosi all'attenzione dell'intera Europa come l'erede del grande Alfredo Di Stefano e la sua stella brilla ormai luminosa nel firmamento calcistico europeo e mondiale. Quando arriva all'Inter è la classica mezzala del WM, un interno di punta, un giocatore votato all'attacco che segna molto: in 216 gare nella Liga ha segnato 112 reti, cifre importanti anche per l'epoca.
All'Inter però, dopo un avvio sulla stessa falsariga di interno molto offensivo (all'esordio contro l'Atalanta a San Siro Gianni Brera nel suo tabellino personale gli assegna 27 conclusioni verso la porta bergamasca!) si trasforma in regista.  In questo ruolo, tipico del calcio anni '60, e fondamentale negli schemi del calcio all'italiana, Suarez semplicemente non ha rivali. E' lui che detta i tempi all'Inter di Herrera, ed è lui che lancia con precisione millimetrica le fughe di Jair, la velocissima ala brasiliana, e i contropiede di Sandrino Mazzola, il figlio del Grande Valentino.
Herrera imposta la squadra attorno ad una difesa quasi impenetrabile, protetta da una cerniera di centrocampo imperniata sul talento di Luisito capace di rovesciare il gioco con rapida efficacia trasformando la difesa in attacco con un solo tocco. 
Il mago è pazzo di lui, lo coccola, lo ama, e lo difende a spada tratta anche facendo delle "preferenze". Una volta, in ritiro, i giocatori dell'Inter riunitisi in una camera, banchettarono bevendo e fumando, fino a che entrò Herrera che rimproverò tutti... Tranne Suarez! Allorché Corso gli fece presente la negligenza, ed Herrera alzò il capo, ed in rabbioso silenzio, uscì dalla camera! Mai rimproverare la mente del suo gioco dunque il suo pupillo.
L'Inter intanto però, si impone in Italia, in Europa e nel Mondo: in soli cinque anni vince tre scudetti, ne perde uno allo spareggio con il Bologna, un altro all'ultima giornata crollando a Mantova, trionfa in due edizioni della Coppa Campioni e vince due Coppe Intercontinentali.
Di quella squadra Suarez è la mente, è il primo difensore ed insieme il primo attaccante, affronta l'avversario in tackle, e riceve tutti i disimpegni della difesa che, a seconda del momento, trasforma in letali contropiede oppure imposta per dar respiro alla squadra ed ai suoi velocisti.
Non è raro nei filmati in bianco e nero delle partite della Grande Inter vederlo con le mani allargate far segno di rallentare ai suoi compagni e chiamarli a smarcarsi per impostare il palleggio in grado di allentare la pressione sulla difesa.
Ma il suo numero migliore è il lancio per Jair, per Domenghini, per Mazzola, per Peirò: sono lanci spesso rasoterra, sempre precisissimi, che mettono il compagno di squadra in condizioni ideali per concludere a rete oppure per agire in superiorità numerica contro la difesa avversaria.
Non ha un carattere facile Luis Suarez.
Certe volte il suo carattere focoso lo tradisce, lo porta pericolosamente a trascendere ad usare addirittura la cattiveria nel tackle a gamba tesa, oppure a battibeccare con l'avversario rischiando, nelle giornate di scarsa vena, sanzioni disciplinari evitabilissime.
E' però anche bravissimo nel provocare l'avversario, inducendolo alla reazione: leggendario un derby col Milan nel quale determinò col suo comportamento l'espulsione del peruviano Benitez ed il conseguente crollo milanista.
Nel 1964 trascina la Spagna alla conquista del suo unico alloro internazionale, la Coppa Europa del 1964 , vinta battendo l'Unione Sovietica a "Chamartin", l'attuale Santiago Bernabeu, lo stadio dell'eterno nemico: il Real Madrid. E' una vittoria storica anche perché rompe l'isolamento della Spagna "franchista" che non intrattiene relazioni diplomatiche con l'URSS e che nella precedente edizione ha rifiutato di incontrarla.
Di questo inaspettato trionfo, Suarez è l'indiscusso artefice con la sua raffinata e sapiente regìa che dà qualità ad una squadra spagnola giovane e determinata, ma qualitativamente inferiore all'Unione Sovietica .
Luis riporta in quella squadra parte del gioco che lo ha fatto trionfare con l'Inter, facendo del contropiede e della saldezza difensiva i capisaldi che portano "las furias" alla vittoria.
La sua serata più indimenticabile, tuttavia, la vive ancora a "Chamartin", ma con l'Inter, in una gara dei quarti di finale di Coppa Campioni nel 1967. Il Real, che ha una squadra giovane impostata sul talento di Pirri e di Amancio, è tornato Campione d'Europa spodestando la favoritissima Inter l'anno prima quando l'ha eliminata in semifinale. Stavolta i nerazzurri partono con un risicato vantaggio di 1-0, conquistato a San Siro, e c'è chi crede che il Real possa avere ancora la meglio.
Ma Luisito Suarez, quella sera, disputa la migliore partita di una grandissima carriera, domina letteralmente il centrocampo avversario, serve la palla per il gol del vantaggio a Cappellini, poi chiude alla grande la partita propiziando il gol del definitivo 2-0. Riceve palla sulla tre quarti del Real, salta un avversario, ma si trova davanti solo maglie bianche, allora punta deciso verso l'area, uno spagnolo gli esce incontro, tunnel, recupera il pallone e cerca di passare la palla al centro dove sono liberi due compagni di squadra. Il difensore madrileno Zoco cerca di evitare il gol sicuro e segna il più classico degli autogol deviando il cross a colpo sicuro nella sua rete.  Chamartin ammutolisce ed alla fine Luis Suarez, fin lì beccato continuamente dal pubblico, esce in un rispettoso silenzio... Seguito da uno scrosciante rumorio di applausi quasi obbligati.
Dopo quell'apoteosi purtroppo arriva la batosta.
Suarez si infortuna nel finale del Campionato che la vede in lotta con la Juve e deve rinunciare anche alla finale di Coppa Campioni, a Lisbona, contro il Celtic. L'Inter, privata della sua sapiente regìa, una volta passata subito in vantaggio con un rigore di Mazzola, finisce col chiudersi troppo e gli scatenati scozzesi riescono a rimontare e vincere.
Qualche giorno dopo il dramma si compie. L'Inter, esausta, e con un Suarez rattoppato, perde a Mantova consegnando uno scudetto incredibile alla Juventus.
E' la fine della Grande Inter.
Suarez resta all'Inter ancora per tre Campionati, buoni, ma senza più raggiungere i suoi livelli. Di "el gallego" resta il ricordo di quel passo sapiente, di quella "pelata" che è sempre al centro dell'azione, di quei lanci precisi, di quel senso del gioco e del tempo che ne hanno fatto un calciatore unico nel suo genere.
Come allenatore non ha avuto altrettanto successo, né in Spagna, né tantomeno in Italia, ma certo la sua carriera di calciatore lo ha adeguatamente ricompensato.
Un campione, ma soprattutto un uomo, col suo carattere non poteva chiedere di meglio.
Trionfi a parte, il suo orgoglio è stato appagato anche dal modo con cui sono arrivati certi successi: una Coppa Campioni vinta contro il Real Madrid, il rivale storico, un'altra contro il Benfica in una personalissima rivincita contro quella squadra che gli aveva impedito di salire sul trono europeo già col Barcellona tre anni prima.
Ma soprattutto quella Coppa Europa conquistata a Chamartin, obbligando il pubblico madrileno a dedicare a lui, a "el gallego", un'icona "barcelonista" un trionfo ed ovazione indimenticabile.
Uno dei "dies" migliori di sempre. Semplicemente Luisito.
 


 

1 commento:

  1. Suarez resta all'Inter ancora per tre Campionati, buoni, ma senza più raggiungere i suoi livelli. È un calciatore molto promettente. Il mio più grande desiderio è quello di ottenere la sua maglie calcio 2019 firma.

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