Hitchens
si materializza nel calcio italiano il 24 maggio 1961,
il giorno in cui allo stadio Olimpico di Roma,
i “maestri” inglesi superano gli azzurri per 3-2.
Illusorio il temporaneo vantaggio dei nostri, gli inglesi non ci
stanno. Hitchens
ottiene il pareggio e Jimmy Greaves
il punto della
vittoria.
L’impressione che i due attaccanti lasciano nei dirigenti nostrani
di club è formidabile. Nella stagione successiva
il Milan si accaparra Greaves e l’Internazionale Hitchens,
due grnadi colpi di mercato dell'epoca.
Storia di più di
quarant'anni fa: 1 ottobre 1961. La prima volta di Helenio Herrera
contro Nereo Rocco. A non aver paura dell'Inter era soprattutto
Rocco, che sistemò marcature ferree (David su Corso; Radice su
Suarez; Zagatti su Mereghetti, Trapattoni sul nostro Hitchens,
Pelagalli su Bettini).
Dopo
soli 18’, Pivatelli portò il Milan in vantaggio, facendo
dimenticare ai tifosi rossoneri l’assenza di Josè il brasiliano. L’Inter vide vacillare le sue speranze di rimonta in avvio di ripresa. Greaves, dopo 8’, trovò il raddoppio, rispondendo nel modo migliore alla multa che la società rossonera gli aveva comminato in settimana per scarso rendimento.
La reazione nerazzurra portò al gol di Luisito Suarez e all’assedio nei venti minuti finali, vanificato dal 3-1 in contropiede di Conti quasi allo scadere dopo il gol del pareggio divorato da Hitchens.
Il mago se la
prese moltissimo con i suoi giocatori: «Come si fa a regalare un
tempo al Milan?
Squadra fiacca,
troppa fidussia dei miei. Con Hitchens si poteva anche pareggiare, no
vincere e
no vincere contra Milan es male. Il Milan ha avuto ragione. Il torto è nostro».
Il
primo anno collezziona 34 partite e 16 gol, peró la seconda stagione
gioca appena 5 partite (1 rete) e poi passa al Torino, spodestato
dal rampante Sandro Mazzola e da una visione di gioco, quella di
Helenio Herrera, che non lo contempla più nei suoi schemi, in
cambio di Beniamino di Giacomo e Costanzo Balleri. A quei tempi in
una squadra non potevano essere tesserati più di 2 stranieri e
l’Inter, avendo acquistato l'ala destra brasiliana Jair (Suarez già
c’era), lo dovette cedere. nel
mercato autunnale del 1962.
La
tifoseria granata sembra perplessa e si immagina la solita fregatura
che il piccolo deve sopportare quando ha a che fare con il grande
club. Ma non è così. Occorre
poco a Hitchens per conquistare il cuore dei tifosi del Toro.
Basta loro vedere con quanto slancio, con quanta grinta, con quanta
voglia si getta nelle mischie, affronta le partite, cerca di
scardinare le difese avversarie. In granata esordisce 1 novembre 1962
nella vittoria con il Venezia, mentre il primo gol lo segna al Milan
di Rcoo il 16 diciembre 1962. Su tutto è la generosità che ne fa un atleta unico. La tecnica calcistica non è delle più raffinate, perché Gerry interpreta il calcio nella più classica delle versioni all’inglese, vale a dire un gioco che deve esaltare la forza, la spinta, l’agonismo, in altre parole, il cuore.
E cuore ne ha, questo inglese, tanto da trasformarsi rapidamente in un esempio per i compagni e, soprattutto, per i giovani torelli granata che crescono al Filadelfia a diretto contatto con i giocatori della prima squadra. Una sensibilità, umana e sportiva, d’eccezione, che arriva da lontano, radicata nell’animo. Da adolescente non ha avuto una vita agevole, anzi. Con il calcio ha saputo affrancarsene e questa è una conquista che si porta dentro come un grande tesoro, uno scrigno dal quale attingere sempre, come una sorta di “memento” che rende tutto più facile. Con un sorriso su quel suo volto di eterno ragazzo, Hitchens amava ricordare, persino con un pizzico di orgoglio, quei suoi difficili anni: «A Highley, dove sono nato, compio soltanto delle rapide visite, il tempo di abbracciare i famigliari e di ricordare con gli amici il duro lavoro in miniera.
Ho
cominciato ad andare sotto quando avevo 15 anni.
A Highley non c’è altro: mio padre e mio fratello lavorano ancora
in miniera come tecnico e come elettricista. Io
invece ero operaio: 7 ore al giorno, piegato a scavare cunicoli alti
un metro e
mezzo. E questa è
stata la mia vita sino a 21 anni, quando dal Kidderminster Harriers
sono passato al Cardiff City.
Penso alla miniera quando sento qualcuno che si lamenta dei ritiri,
degli allenamenti, della vita di noi calciatori e mi viene da
sorridere. Quando
smetterò col calcio giocato mi piacerebbe restare in Italia e fare
l’allenatore. Io e la mia famiglia siamo felici di vivere in Italia
e nessuno di noi ha nostalgia dell’Inghilterra. I miei figli
(Marcus, Nicolas, Karen) parlano persin meglio l’italiano
dell’inglese».Facile
intuire perché Hitchens non scende mai in campo di mala voglia;
perché insegue tutti i palloni, anche quelli che sembrano destinati
al nulla; perché affronta i contrasti senza paura, perché sta in
campo con la continua tensione di far bene, sorretto da una volontà
raramente doma. I
tifosi lo battezzano “pannocchia” per quella capigliatura giallo
oro che lo rende immediatamente distinguibile in mezzo al campo.
Nel
1963 arriva mastro Rocco
sulla panchina di allenatore. Hitchens fa la sua parte, con 9 reti é
il capocannoniere della squadra.
Qualcuno su calcio
di rigore, un pezzo del suo repertorio che lascia sempre col fiato in
sospeso. Hitchens,
infatti, calcia il penalty da fermo,
non prende rincorsa. Si avvicina al dischetto, spara in rete e non
sbaglia. Solo che a vederlo ti fa salire cuore in gola. Il 1965/65 è il migliore del “Dopo Superga”. Il Toro si classifica al 3° posto con 44 punti, preceduto dall’Inter, 54 e dal Milan 51. Hitchens disputa 32 partite e con 8 reti, è preceduto da “capitan” Ferrini e Luigi Simoni con 10 nella classifica cannonieri. Realizza però 4 reti nella Coppa delle Coppe, dove il Toro esce in Semifinale contro il Monaco 1860 dopo 3 tiratissime gare, perdendo lo spareggio di Zurigo per 2-0.
.A fine torneo Hitchens cambia casacca. Al Torino arriva Alberto Orlando, bomber in crescita, e lui si accasa all’Atalanta che lascerà per la casacca del Cagliati, sua ultima in Italia. A 35 anni rientra in Inghilterra. Con 239 partite disputate e 73 reti è tuttora il calciatore inglese che ha totalizzato più presenze e reti in serie A.
Squadre di
club
|
||
---|---|---|
1953-1954
|
Kidderminster |
40 (20)
|
1954-1957
|
Cardiff City |
105 (53)
|
1957-1961
|
Aston Villa |
160 (96)
|
1961-1963
|
Inter |
43 (20)
|
1962-1965
|
Torino |
113 (37)
|
1965-1967
|
Atalanta |
64 (12)
|
1967
|
Cagliari |
0 (0)
|
1967
|
Chicago Mustangs | 2 (0) |
1967-1969
|
Cagliari |
19 (4)
|
1969-1971
|
Worcester City |
61 (35)
|
Nazionale
|
||
1961-1962
|
Inghilterra |
7 (5)
|
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