venerdì 14 marzo 2014

Hitchens "pel di carota"




Hitchens si materializza nel calcio italiano il 24 maggio 1961, il giorno in cui allo stadio Olimpico di Roma, i “maestri” inglesi superano gli azzurri per 3-2. Illusorio il temporaneo vantaggio dei nostri, gli inglesi non ci stanno. Hitchens ottiene il pareggio e Jimmy Greaves il punto della vittoria. L’impressione che i due attaccanti lasciano nei dirigenti nostrani di club è formidabile. Nella stagione successiva il Milan si accaparra Greaves e l’Internazionale Hitchens, due grnadi colpi di mercato dell'epoca.
Storia di più di quarant'anni fa: 1 ottobre 1961. La prima volta di Helenio Herrera contro Nereo Rocco. A non aver paura dell'Inter era soprattutto Rocco, che sistemò marcature ferree (David su Corso; Radice su Suarez; Zagatti su Mereghetti, Trapattoni sul nostro Hitchens, Pelagalli su Bettini).
Dopo soli 18’, Pivatelli portò il Milan in vantaggio, facendo dimenticare ai tifosi rossoneri l’assenza di Josè il brasiliano.
L’Inter vide vacillare le sue speranze di rimonta in avvio di ripresa. Greaves, dopo 8’, trovò il raddoppio, rispondendo nel modo migliore alla multa che la società rossonera gli aveva comminato in settimana per scarso rendimento.
La reazione nerazzurra portò al gol di Luisito Suarez e all’assedio nei venti minuti finali, vanificato dal 3-1 in contropiede di Conti quasi allo scadere dopo il gol del pareggio divorato da Hitchens.

Il mago se la prese moltissimo con i suoi giocatori: «Come si fa a regalare un tempo al Milan?
Squadra fiacca, troppa fidussia dei miei. Con Hitchens si poteva anche pareggiare, no vincere e
no vincere contra Milan es male. Il Milan ha avuto ragione. Il torto è nostro».
Il primo anno collezziona 34 partite e 16 gol, peró la seconda stagione gioca appena 5 partite (1 rete) e poi passa al Torino, spodestato dal rampante Sandro Mazzola e da una visione di gioco, quella di Helenio Herrera, che non lo contempla più nei suoi schemi, in cambio di Beniamino di Giacomo e Costanzo Balleri. A quei tempi in una squadra non potevano essere tesserati più di 2 stranieri e l’Inter, avendo acquistato l'ala destra brasiliana Jair (Suarez già c’era), lo dovette cedere. nel mercato autunnale del 1962.
La tifoseria granata sembra perplessa e si immagina la solita fregatura che il piccolo deve sopportare quando ha a che fare con il grande club. Ma non è così. Occorre poco a Hitchens per conquistare il cuore dei tifosi del Toro. Basta loro vedere con quanto slancio, con quanta grinta, con quanta voglia si getta nelle mischie, affronta le partite, cerca di scardinare le difese avversarie. In granata esordisce 1 novembre 1962 nella vittoria con il Venezia, mentre il primo gol lo segna al Milan di Rcoo il 16 diciembre 1962.
Su tutto è la generosità che ne fa un atleta unico. La tecnica calcistica non è delle più raffinate, perché Gerry interpreta il calcio nella più classica delle versioni all’inglese, vale a dire un gioco che deve esaltare la forza, la spinta, l’agonismo, in altre parole, il cuore.
E cuore ne ha, questo inglese, tanto da trasformarsi rapidamente in un esempio per i compagni e, soprattutto, per i giovani torelli granata che crescono al Filadelfia a diretto contatto con i giocatori della prima squadra. Una sensibilità, umana e sportiva, d’eccezione, che arriva da lontano, radicata nell’animo. Da adolescente non ha avuto una vita agevole, anzi. Con il calcio ha saputo affrancarsene e questa è una conquista che si porta dentro come un grande tesoro, uno scrigno dal quale attingere sempre, come una sorta di “memento” che rende tutto più facile. Con un sorriso su quel suo volto di eterno ragazzo, Hitchens amava ricordare, persino con un pizzico di orgoglio, quei suoi difficili anni: «A Highley, dove sono nato, compio soltanto delle rapide visite, il tempo di abbracciare i famigliari e di ricordare con gli amici il duro lavoro in miniera.

Ho cominciato ad andare sotto quando avevo 15 anni. A Highley non c’è altro: mio padre e mio fratello lavorano ancora in miniera come tecnico e come elettricista. Io invece ero operaio: 7 ore al giorno, piegato a scavare cunicoli alti un metro e mezzo. E questa è stata la mia vita sino a 21 anni, quando dal Kidderminster Harriers sono passato al Cardiff City. Penso alla miniera quando sento qualcuno che si lamenta dei ritiri, degli allenamenti, della vita di noi calciatori e mi viene da sorridere. Quando smetterò col calcio giocato mi piacerebbe restare in Italia e fare l’allenatore. Io e la mia famiglia siamo felici di vivere in Italia e nessuno di noi ha nostalgia dell’Inghilterra. I miei figli (Marcus, Nicolas, Karen) parlano persin meglio l’italiano dell’inglese».Facile intuire perché Hitchens non scende mai in campo di mala voglia; perché insegue tutti i palloni, anche quelli che sembrano destinati al nulla; perché affronta i contrasti senza paura, perché sta in campo con la continua tensione di far bene, sorretto da una volontà raramente doma. I tifosi lo battezzano “pannocchia” per quella capigliatura giallo oro che lo rende immediatamente distinguibile in mezzo al campo.
Nel 1963 arriva mastro Rocco sulla panchina di allenatore. Hitchens fa la sua parte, con 9 reti é il capocannoniere della squadra. Qualcuno su calcio di rigore, un pezzo del suo repertorio che lascia sempre col fiato in sospeso. Hitchens, infatti, calcia il penalty da fermo, non prende rincorsa. Si avvicina al dischetto, spara in rete e non sbaglia. Solo che a vederlo ti fa salire cuore in gola.
Il 1965/65 è il migliore del “Dopo Superga”. Il Toro si classifica al 3° posto con 44 punti, preceduto dall’Inter, 54 e dal Milan 51. Hitchens disputa 32 partite e con 8 reti, è preceduto da “capitan” Ferrini e Luigi Simoni con 10 nella classifica cannonieri. Realizza però 4 reti nella Coppa delle Coppe, dove il Toro esce in Semifinale contro il Monaco 1860 dopo 3 tiratissime gare, perdendo lo spareggio di Zurigo per 2-0.
.A fine torneo Hitchens cambia casacca. Al Torino arriva Alberto Orlando, bomber in crescita, e lui si accasa all’Atalanta che lascerà per la casacca del Cagliati, sua ultima in Italia. A 35 anni rientra in Inghilterra. Con 239 partite disputate e 73 reti è tuttora il calciatore inglese che ha totalizzato più presenze e reti in serie A.



Squadre di club
1953-1954
 Kidderminster
40 (20)
1954-1957
 Cardiff City
105 (53)
1957-1961
 Aston Villa
160 (96)
1961-1963
 Inter
43 (20)
1962-1965
 Torino
113 (37)
1965-1967
 Atalanta
64 (12)
1967
 Cagliari
0 (0)
1967
 Chicago Mustangs 2 (0)
1967-1969
 Cagliari
19 (4)
1969-1971
 Worcester City
61 (35)
Nazionale
1961-1962
 Inghilterra
7 (5)




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